Il 5 Giugno 2014 la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha definitivamente chiuso il caso "Meltwater" che tanto aveva diviso le comunità editoriali e tecnologiche. La Corte ha infatti chiarito l'annoso quesito della non contrarietà al diritto d'autore dell'automatica creazione di copie cache e copie schermo di contenuti di pagine web.
La questione pregiudiziale, sollevata dalla Supreme Court of the United Kingdom in ragione della dimensione potenzialmente transnazionale delle problematiche coinvolte, verteva sull'interpretazione dell'art. 5, paragrafi 1 e 2, della Direttiva 2001/29CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione. La tematica era sorta nell'ambito di una controversia tra la Public Relations Consultants Association Ltd (di seguito PRCA), organizzazione composta da professionisti delle pubbliche relazioni e clienti del servizio di aggregazione e monitoraggio degli articoli di stampa on line, erogato dal gruppo di società Meltwater, e la Newspaper Licensing Agency Ltd (di seguito: NLA), organismo fondato dagli otto maggiori editori di quotidiani del Regno Unito e rappresentante di almeno 1400 testate.
In particolare la NLA riteneva che la Meltwater ed i suoi clienti dovessero entrambi munirsi di una autorizzazione, rilasciata dai titolari dei diritti d'autore sui contenuti on line per, rispettivamente, fornire e ricevere il servizio di monitoraggio dei media tramite parola chiave. Se la Meltwater ha, nel corso della vicenda processuale domestica, accettato di sottoscrivere una licenza di base di dati Internet, la PRCA si è opposta ad una tale pretesa, ritenendo che la ricezione on line dei risultati delle relazioni di monitoraggio non richiedesse alcuna licenza, non essendo giustificato esigere dagli utenti di Internet l'ottenimento di una ulteriore autorizzazione rispetto a quella già emessa a favore dell'editore del sito, che, mettendo a disposizione della navigazione i contenuti protetti, ha realizzato una comunicazione al pubblico.
La Direttiva 2001/29, se all'art. 2 prevede a favore degli autori delle opere un generale riconoscimento del diritto esclusivo di autorizzare o vietarne, in qualsiasi modo o forma, la riproduzione (diretta o indiretta; temporanea o permanente), inserisce con l'art. 5, paragrafi 1 e 5, un' eccezione a questo principio. In particolare: "Sono esentati dal diritto di riproduzione gli atti (....) di cui all'articolo 2 privi di rilievo economico proprio che sono transitori o accessori, e parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico, eseguiti all'unico scopo di consentire: a) la trasmissione in rete tra terzi con l'intervento di un intermediario b) un utilizzo legittimo di un'opera o di altri materiali".
Le deroghe previste in tale norma, trasposta nel diritto nazionale inglese con il Copyright Designs and Patents Act del 1988, hanno un carattere eccezionale e devono essere oggetto di un'interpretazione restrittiva, non potendo ostacolare il normale sfruttamento dell'opera o arrecare un pregiudizio ingiustificato agli interessi legittimi del titolare.
Nel caso specifico, la Corte ha dovuto verificare la rispondenza a tali requisiti delle copie cache e di quelle sullo schermo che normalmente, ed in maniera automatica, vengono create durante la navigazione in Internet. In particolare è stato sottoposto all'esame della CGUE se queste costituiscano o meno riproduzioni vietate, ai sensi dell'art. 2 sopracitato, in assenza di licenza. Oggetto del rinvio pregiudiziale era quindi la verifica del rispetto, da parte dell'atto di riproduzione, dei requisiti, di cui all'art. 5, paragrafo 1e 2 della Direttiva 2001/29, di temporaneità; transitorietà/accessorietà; essenzialità ad un procedimento tecnologico ed integrazione nello stesso.
In relazione al primo requisito sembra indubbio, secondo il ragionamento svolto dalla Corte, che sia le copie sullo schermo che quelle cache possano dirsi temporanee. Se le prime, infatti, sopravvivono solo sino a quando l'utente non esce dal sito Internet; le seconde possono essere eliminate sia manualmente dall'utente, che in modo automatico dallo stesso computer, poiché sovrascritte da altro materiale, dopo un certo intervallo di tempo (che dipende dalla capacità della cache, del volume del traffico dati e dalla frequenza di utilizzo di Internet).
La Direttiva richiede poi che gli atti di riproduzione costituiscano parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico, si tratta di una condizione che necessita da una parte, l'esaurimento degli atti di riproduzione nell'ambito del procedimento, dall'altro che tali elementi siano coessenziali ad un suo funzionamento corretto ed efficace. La Corte ha evidenziato che a tal fine non rileva il fatto che il procedimento in questione venga avviato o concluso dall'utente: la lettera della norma non precisa infatti in quale momento debba verificarsi la riproduzione temporanea e non esclude, contrariamente a quanto sostenuto dalla NLA, la possibilità di un intervento umano nelle fasi suddette. D'altra parte lo stesso giudice del rinvio aveva rilevato come la consultazione di un website presupponga necessariamente la realizzazione di copie sullo schermo e nella cache, non potendo, nel primo caso, il sito stesso essere altrimenti visualizzato ed essendo, nel secondo, un dato ormai acquisito dalla pratica quanto la cache Internet agevoli la navigazione in ret, in quanto consente di sostenere gli attuali volumi di traffico dati.
L'ultimo requisito richiamato dall'art. 5 richiede che l'atto di riproduzione debba essere, alternativamente, transitorio od accessorio. La transitorietà della riproduzione esige che essa abbia una durata limitata e sufficiente ad assicurare il buon funzionamento del procedimento tecnologico, nonché che possa essere cancellata secondo modalità automatiche. La Corte non ha mancato di sottolineare come questo requisito sia proprio unicamente delle copie sullo schermo, venendo queste fisiologicamente eliminate nel momento in cui l'utente conclude la navigazione nel sito Internet. Le copie cache, al contrario, posso sopravvivere alla fine del procedimento tecnologico di cui trattasi e venire conservate per una successiva consultazione dello stesso sito. Ma se non transitorie, le copie cache possono dirsi sicuramente accessorie rispetto al processo a cui accedono: esse infatti non hanno alcuno spazio di autonomia al di fuori di questo, ponendosi come connaturali al funzionamento di Internet; al contrario la navigazione e la visualizzazione dei contenuti potrebbero procedere anche in loro assenza. Nel caso delle copie sullo schermo non è sufficiente ad escludere il carattere di cui trattasi il fatto che continuino ad esistere qualora l'utente lasci il computer acceso rimanendo sul sito in questione: in questo caso, infatti, il procedimento tecnologico è ancora in corso ed il requisito della accessorietà non viene dunque meno.
Chiamata poi a verificare il soddisfacimento dei requisiti di cui all'art. 5, paragrafo 5, della Direttiva, la Corte ha escluso che tali copie pregiudichino gli interessi del titolare del diritto d'autore nonostante consentano un accesso senza autorizzazione alle opere presenti su Internet. La Corte ha infatti sottolineato come la messa a disposizione sul web di tali contenuti protetti venga effettuata dagli editori dei siti Internet, i quali, ponendo in essere una comunicazione al pubblico ai sensi dell'art.3 Direttiva 2001/29, devono necessariamente munirsi dell'autorizzazione prevista dalla medesima disposizione. Questo è sufficiente a garantire il diritto del titolare, non essendo necessario che anche gli utenti ottengano un'ulteriore autorizzazione. La creazione delle copie analizzate, traducendosi in una mera consultazione del contenuto del sito, non pregiudica dunque il regolare sfruttamento delle opere ma rappresenta unicamente il normale modo di usufruire della comunicazione al pubblico effettuata dall'editore del sito Internet.
Rispettando anche l'ultimo requisito richiesto dalla Direttiva, la Corte ha quindi concluso che "le copie sullo schermo del computer dell'utente e le copie nella «cache» del disco fisso di tale computer, realizzate da un utente finale durante la consultazione di un sito Internet, [...] possono pertanto essere realizzate senza l'autorizzazione dei titolari di diritti d'autore."
Nonostante la Corte si sia occupata in passato di questioni simili (come nel caso Infopaq International, dove la copia di una stringa di 11 parole estrapolate da un articolo è stata considerata violazione del diritto d'autore poiché connotata da un grado di originalità sufficiente per essere definita opera dell'ingegno) il principio per cui la consultazione di un pagina web è libera e dunque non soggetta a pagamenti ed autorizzazioni da parte del titolare dei diritti, non era ancora stato formalizzato dalla giurisprudenza europea. Si tratta di una pronuncia che, sebbene salvaguardi la libera navigazione on line, non è stata esente da critiche: alcuni commentatori dubitano dell'assenza di uno scopo di lucro nella condotta dei clienti della Meltwater. Si tratta infatti di soggetti che fruiscono del servizio per ottenere informazioni sui loro prodotti; analizzare l'andamento del proprio mercato e capire quali politiche di mercato attuare di conseguenza, agendo in questo modo al di fuori degli scopi contemplati dall'art. 5 della Direttiva. Anche i rappresentanti dell'industria dei contenuti digitali, i quali spesso tentano di imporre licenze anche a fronte di una mera visualizzazione, non sembrano aderire al principio sotteso a questa sentenza. Ne è un esempio la bozza del Trans Pacific Partnership, un accordo attualmente in fase di negoziazione tra USA e Canada a cui si ispira il Transatlantic Trade and Investment Partnership tra UE e USA (anche'esso in corso di negoziazione). Rilevante, in particolare, una disposizione, proposta dagli USA, presente nella sezione sul copyright, secondo cui: "Each Party shall provide that authors, performers, and producers of phonograms have the right to authorize or prohibit all reproductions of their works, performances, and phonograms, in any manner or form, permanent or temporary (including temporary storage in electronic form)". Una previsione che sembrerebbe potersi adattare, nella parte in cui afferma che anche la conservazione temporanea dell'opera in forma elettronica è illegittima in assenza del consenso del titolare, proprio alla copia cache, ponendosi quindi in contrasto con quanto affermato dalla sentenza analizzata.