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La normativa sulla droga verso il cambiamento

Scritto da Roberta De Pamphilis

La problematica della diffusione delle droghe ha assunto connotati di sempre maggiore gravità, dal momento che il fenomeno, oltre alle implicazioni dirette con la criminalità diffusa ed organizzata, si sta diffondendo con molta preoccupazione tra i più giovani. Ecco perché da anni la materia è oggetto di particolare attenzione da parte del Legislatore, anche con orientamenti, nel corso del tempo, distanti fra loro.

La legislazione italiana in tema di stupefacenti ha conosciuto tre fasi differenti: la prima corrisponde al periodo di operatività delle disposizioni antecedenti alla riforma del 1975 dal carattere fortemente repressivo e punitivo, la seconda fase coincide con l'entrata in vigore della legge 685/75, rimasta in vigore fino al 1990, che considerava l'assuntore di sostanze stupefacenti, che non fosse al tempo stesso spacciatore e non detenesse grossi quantitativi di droga, un ammalato da riabilitare. La terza ed ultima fase corrisponde all'approvazione della legge " Vassalli-RussoJervolino".

Non vanno però sottovalutate la Convenzione unica sugli stupefacenti approvata a New York il 30 marzo del 1961 e la Convenzione sulle sostanze psicotrope adottata a Vienna il 21 febbraio del 1971, che obbligano gli stati sottoscrittori, tra cui l'Italia, a considerare illecita anche la detenzione per uso personale non terapeutico. Ed è proprio a questa disposizione che sembra avvicinarsi il disegno di legge presentato dal vicepresidente del Consiglio Fini, approvato dal Consigli dei Ministri il 13 novembre 2003.

Lo stesso Fini ritiene che la sua proposta si collochi al di fuori della contrapposizione tra proibizionisti, che ridurrebbero la droga ad un problema penale, e antiproibizionisti che ne favorirebbero una diffusione più ampia, basandosi su tre capisaldi: prevenzione,repressione e recupero.

Il disegno di legge in questione prevede numerose novità, come ad esempio il fatto che le droghe vengono accorpate in un'unica tabella senza distinzioni tra leggere e pesanti, ed il possesso viene comunque punito, anche se per uso personale: sarà la quantità di cui il soggetto è in possesso a determinare l'applicazione di sanzioni amministrative o penali.

Entrambe vengono inasprite: per quanto riguarda quelle amministrative si allunga da quattro mesi ad un anno il periodo massimo per cui possono venire ritirate patente di guida, passaporto, porto d'armi, permesso di soggiorno turistico per gli extracomunitari. Ai recidivi e pregiudicati possono essere applicate, per un massimo di due anni, misure di sicurezza più pesanti come l'obbligo di firma bisettimanale presso carabinieri e polizia, l'obbligo di rientro e permanenza nella propria abitazione in orari prefissati, ed infine il divieto di frequentare determinati locali o persone e quello di allontanarsi dal proprio comune di residenza. L'applicazione di queste misure amministrative può essere revocata se risulti che il soggetto si sia sottoposto, con esito positivo, ad un idoneo programma terapeutico.

Per quanto riguarda invece le sanzioni penali, queste vanno da sei a vent'anni, e scatta l'arresto da tre a diciotto mesi anche per l'inosservanza delle sanzioni e misure disposte dal Prefetto.

L'ultima parte della proposta di legge riguarda le comunità di recupero: si propone l'istituzione di albi regionali, a cui potranno iscriversi le comunità che abbiano determinati requisiti, per ottenere abilitazioni a stipulare convenzioni con le regioni ed il Ministero di grazia e giustizia e predisporre il piano terapeutico.

Il disegno di legge Fini ha raccolto adesioni, ma, come era prevedibile, ha suscitato polemiche (in particolare da parte dei D.S., la Margherita, Verdi, Rifondazione e Radicali). Viene contestata l'equiparazione tra le droghe pesanti e leggere, nonché quella tra consumo e spaccio, ma ciò che suscita più perplessità è la maggiore tolleranza espressa nei confronti delle dosi massime previste per la cocaina rispetto a quelle per la cannabis ( 500mg per cocaina e 150mg per cannabis e derivati).

Freud affermava che non c'è civiltà senza proibizione, repressione e quindi punizione. Certo, come forma di pensiero può apparire estrema, ma non priva di una verità giuridica che potrà essere provata solo nel momento in cui si potranno analizzare gli effetti di questa nuova fase normativa.

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