Jei - Jus e Internet

Il primo organo di informazione giuridica su internet per gli operatori del diritto - in linea dal 1996

La tutela del software e le facoltà esclusive degli autori

Scritto da Giuseppe Salsarulo

La tutela del software

Se si intende trattare dei programmi per elaboratore in generale e della disciplina applicata alla loro tutela sembra opportuno individuare in primo luogo quale possa essere una definizione del bene oggetto di tutela. Dal punto di vista legislativo né la normativa italiana, né la Direttiva CE 91/250 volta all'armonizzazione della tutela del software offrono una definizione dello stesso, al contrario di ciò che accade all’interno dello US Copyright Act, lì dove il programma per elaboratore è definito come “aparticular set of statements or instructions to be used directly or indirectly in a computer to bring about a certain result”. Il software, dunque, consiste in una serie di istruzioni che danno luogo ad un determinato risultato che viene elaborato dalla macchina a cui le stesse istruzioni vengono impartite.
Da un punto di vista pratico, invece, il programma per elaboratore può essere definito come «un insieme organizzato di istruzioni, redatte organicamente secondo un determinato linguaggio, che mettono un computer nelle condizioni di eseguire un intero ciclo di operazioni» [1].

Se si accolgono le definizioni sopra indicate si può anche notare, con una illustre dottrina, come esso sia uno scritto caratterizzato dalla assoluta particolarità di non essere destinato alla fruizione diretta mediante lettura dell'uomo, ma di essere invece applicato da una macchina [2].
Il D. Lgs. 518/92 [3], ha stabilito all'art. 1 che i programmi per elaboratore siano protetti “come opere letterarie ai sensi della Convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie ed artistiche”[4]. Gli artt. 64-bis e ss. della l.a. individuano la tutela attribuibile al software nel quadro dell'applicazione delle norme sul diritto d'autore[5]. L'art. 2 della Legge n. 633/41 dispone al punto 8) che sono compresi nella protezione accordata dalla stessa legge “i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell'autore. Restano esclusi dalla tutela accordata dalla presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce. Il termine programma comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso”[6].
Dall'oggetto della tutela sono, dunque, esplicitamente escluse “le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma”[7]. Ugualmente si deve ritenere escluso da qualsiasi tutela lo scopo del programma[8] e, secondo una autorevole dottrina, gli algoritmi matematici che ne vengono tratti[9]. Per ciò che attiene alla flowchart si ritiene, in dottrina, possibile individuare per essa una tutela autoriale, pur discutendosi sull'ambito di applicazione della stessa tutela[10].
Con riguardo al codice sorgente pare che esso sia quella parte del software più vicina all'“opera letteraria ai sensi della convenzione di Berna” di cui parla il legislatore. In tal caso, infatti, l'assimilazione non crea problematiche di sorta, in quanto il codice sorgente è redatto in un linguaggio comprensibile all'uomo.
[11]
Per comprendere, infine, fino a che livello si possa ritenere tutelata l'opera “software” la dottrina richiama una delle sentenze italiane[12] che trattano la questione, nella quale il giudice afferma che le fattispecie sanzionatorie previste dalla disciplina italiana in caso di plagio trovano applicazione solo per la duplicazione, vale a dire nella realizzazione di una copia identica (pur comprendendosi in tale identità eventuali variazioni introdotte al solo fine di nascondere il plagio)[13]. Da tale pronuncia, sembra non essersi discostata eccessivamente la Suprema Corte[14] lì dove afferma che “la creatività e l’originalità sussistono anche qualora l’opera sia composta da idee e nozioni semplici, comprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia propria dell’opera stessa, purché formulate ed organizzate in modo personale ed autonomo rispetto alle precedenti”. L'apporto creativo, e quindi tutelabile, consisterebbe così in qualsiasi aggiunta o mutamento della struttura di partenza del software su cui si interviene, purché si escluda il mero intento di evitare l'accusa di plagio.

Le facoltà esclusive attribuite agli autori del software e le loro eccezioni

L'art. 64-bis[15] l.a. disciplina i diritti patrimoniali di cui godono gli autori del programma per elaboratore. Essi comprendono esplicitamente il diritto di effettuare o di autorizzare: a) “la riproduzione[16], permanente o temporanea, totale o parziale, del programma per elaboratore con qualsiasi mezzo o in qualsiasi forma”. Per le attività di riproduzione indicate alla lettera a) dell'art. 64-bis, si specifica inoltre che nel caso in cui essa sia necessaria anche solo per dar luogo al “caricamento, la visualizzazione, l'esecuzione, la trasmissione o la memorizzazione del programma per elaboratore” è richiesta un'autorizzazione da parte del titolare dei diritti; b) la traduzione, l'adattamento[17], la trasformazione e ogni altra modificazione del programma per elaboratore, nonché la riproduzione dell'opera che ne risulti, senza pregiudizio dei diritti di chi modifica il programma; c) qualsiasi forma di distribuzione al pubblico, compresa la locazione, del programma per elaboratore originale o di copie dello stesso.
Si rinviene, infine, nella stessa disposizione un richiamo al principio dell'esaurimento, per cui il diritto di distribuzione è esaurito con la prima vendita di una copia del programma nella Comunità Economica Europea da parte del titolare dei diritti, o con il suo consenso, con l'eccezione importante della facoltà di continuare il controllo su eventuali ulteriori locazioni del programma o di una copia di esso.
Le facoltà esclusive contenute nella norma di cui all'art. 64-bis sono anch'esse colpite da una serie di limitazioni, alcune delle quali rinvenibili nella disciplina generale delle limitazioni ex artt. 65 e ss.
[18], altre invece esplicitamente previste per il software agli artt. 64-ter e64-quater.
Le eccezioni contenute in questi ultimi due articoli limitano significativamente la portata dell'art. 64-bis con attinenza alla necessaria autorizzazione del titolare dei diritti, soprattutto con riguardo a quelle attività utili alla mera fruizione dell'opera. L'autorizzazione, infatti, cessa di dover essere richiesta per le attività indicate dalle lettere a) e b) dell'art. 64-bis qualora tali attività siano “necessarie per l'uso del programma per elaboratore conformemente alla sua destinazione da parte del legittimo acquirente, inclusa la correzione degli errori
[19]”, salvo patto contrario (art. 64-ter, comma 1).
Il secondo comma dello stesso articolo (64-ter) disciplina l'eccezione che permette di effettuare la c.d. copia di back-up
[20]. Con tale norma vengono rese inefficaci le disposizioni contrattuali che impediscano a chi acquisisce il diritto di utilizzare una copia di un programma per elaboratore di effettuarne una copia di riserva, qualora tale copia sia necessaria per l'uso (art. 64-ter, comma 2). In virtù di tale norma, quindi, o l'autore (o il concedente, in generale) fornisce inizialmente al fruitore due copie dello stesso programma, oppure è quest'ultimo soggetto che può realizzare da sé una copia di riserva e conservarla per l'eventualità in cui dovesse andare perduta la copia originale[21]. Si ritiene che con tale eccezione il legislatore abbia liberalizzato un'attività di riproduzione che sarebbe stata altrimenti illecita[22].
Il terzo ed ultimo comma dell'art. 64-ter, ora in analisi, introduce delle eccezioni volte a permettere la sperimentazione e l'osservazione del programma. La sperimentazione e l'osservazione può aver luogo, pur senza l'autorizzazione del titolare dei diritti, allo scopo di determinare le idee e i princìpi su cui è basato il programma medesimo
[23].
L'art. 64-quater prevede, infine, ulteriori eccezioni ai punti a) e b) dell'art. 64-bis disponendo che: “l'autorizzazione del titolare dei diritti non è richiesta qualora la riproduzione del codice del programma di elaboratore e la traduzione della sua forma [...] compiute al fine di modificare la forma del codice, siano indispensabili per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità, con altri programmi, di un programma per elaboratore creato autonomamente”, purché siano soddisfatte le condizioni previste dalla stessa legge.
Le condizioni che devono ricorrere perché l'attività di decompilazione
[24] sia legittimamente posta in essere risiedono: a) nel fatto che essa sia compiuta da parte del “licenziatario o di altri che abbia il diritto di usare una copia del programma oppure, per loro conto, da chi è autorizzato a tal fine”, che b) “le informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità non siano già facilmente e rapidamente accessibili” ai soggetti indicati poc'anzi e che c) tali attività “siano limitate alle parti del programma originale necessarie per conseguire l'interoperabilità”.
La norma in commento è volta ad evitare che si formino posizioni di monopolio nel momento in cui il titolare dei diritti sul software di sistema si possa opporre all'interoperabilità di altri software applicativi, che non siano stati realizzati da lui stesso[25].
La prima considerazione che risulta evidente dalla lettura della prima parte della disposizione è nel fatto che la decompilazione può essere effettuata, nel sistema comunitario
[26], solo ed esclusivamente al fine di ottenere l'interoperabilità[27]. Secondo la dottrina, dunque, è consentita innanzitutto la decompilazione che risulti utile alla creazione di un programma per elaboratore di tipo applicativo[28] che possa essere fruito con un determinato sistema operativo[29], ma anche la decompilazione che possa servire a realizzare la interconnessione con programmi diversi da quello decompilato in maniera tale da realizzare, ad esempio, un sistema operativo diverso ma che assicuri i medesimi standard di compatibilità[30].
Il secondo comma dell'art. 64-quater pone a sua volta dei limiti circa l'utilizzazione delle informazioni ottenute grazie all'eccezione prevista nel comma 1. Innanzitutto, si conferma alla lett. a) del comma 2 che la decompilazione può essere legittimamente posta in essere solo ed esclusivamente per ottenere l'interoperabilità del programma creato autonomamente e si vieta alla lettera b) che le stesse informazioni possano essere comunicate a soggetti terzi se non per il solito fine dell'interoperabilità. La lett. c), infine, vieta che la decompilazione possa avere come fine ultimo quello di sviluppare, produrre o commercializzare un programma simile nella sua forma espressiva, o per ogni altra attività che violi il diritto d'autore. La somiglianza che fa eventualmente scattare il divieto di utilizzare le informazioni ottenute mediante il reverse engineering riguarda solo gli elementi tutelabili dei due programmi e non anche le idee e i principi che ne sono alla base
[31].
L'art. 64-quater oltre a sancire la nullità di qualsiasi clausola contrattuale che si ponga in violazione della disciplina in esso contenuta (comma 3), si chiude con una norma che riprende sostanzialmente il testo dell'art. 9, comma 2 della Convenzione di Berna. In virtù di tale norma, quindi, le norme fin qui esaminate non possono essere interpretate in modo tale che la loro applicazione arrechi indebitamente pregiudizio agli interessi legittimi del titolare dei diritti o sia in conflitto con il normale sfruttamento del programma.

------------------------

[1]Renato BORRUSO & G. CIACCI (2004) Diritto civile e informatica, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, p. 99; DEVOTO & OLI, Dizionario della lingua italiana, voce “programma per elaboratore”, Le Monnier.

[2]La nomenclatura qui utilizzata è la stessa cui fa ricorso un'illustre dottrina nell'introdurre il concetto di software: Renato BORRUSO & G. CIACCI (2004) Diritto civile e informatica, op. cit., p.99.

Si rammenta che le istruzioni che compongono il software possono essere espresse o in un linguaggio comprensibile all'uomo (c.d. codice sorgente) ovvero tramite un linguaggio che è comprensibile solo alla macchina (codice oggetto). Si veda sul punto: Massimo FARINA (2007) Diritto e nuove tecnologie, op. cit., p. 7; Luigi C. UBERTAZZI (2007) Commentario Breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, op. cit., p. 152

[3]D. Lgs. 518 del 29 dicembre 1992 che da attuazione alla Direttiva 91/259/CE,

[4]L'esigenza di tutelare il software attraverso specifici strumenti nasce a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, in quanto fino ad allora il mercato conduceva ad attribuire una maggiore attenzione agli hardware. Il ricorso al diritto d'autore venne proposto già in quel periodo, quando negli Stati Uniti il Copyright Office aveva iniziato a registrare i programmi per elaboratore come books a condizione che fossero originali, già pubblicati e salvati in codice sorgente. Nel 1976 il Congresso USA incaricò la Commissione CONTU (National Commission on new technological works) di individuare adeguati sistemi di tutela per le nuove tecnologie. La Commissione indirizzò al Congresso una raccomandazione, che venne recepita nel 1980, in cui si consigliava di estendere la tutela del copyright ai software. Sul punto si veda Guido SCORZA (2005), La tutela del software, in Il diritto d'autore nella società dell'information technology: software, database, multimedia, ed. DI COCCO, PELINO, RICCI, Gedit Edizioni, Bologna, pp. 375 e ss.

[5]In realtà le possibilità che si presentavano al momento dell'individuazione della tutela attribuibile al software erano almeno due. Si trattava cioè di decidere se fosse più opportuno disciplinare il software come “opera letteraria” tutelata dal diritto d'autore, o vedere in esso una sorta di invenzione in quanto tale brevettabile.
L'inserimento del “programma per elaboratore” tra le opere dell'ingegno degne di tutela autoriale, e quindi non brevettuale, non è esente da critiche. Si parla, a tal proposito di «sconfinamento» del diritto d'autore, il quale avrebbe così preso a tutelare anche opere (software e banche di dati) che presentano una forma di fruizione esclusivamente utilitaria (GHIDINI (2008) Profili evolutivi del diritto industriale: innovazione, concorrenza, benessere dei consumatori, accesso alle informazioni,op. cit.,pp. 193 e ss.). Pur senza volere addentrarsi eccessivamente nella questione, si può notare come, secondo una ricostruzione fatta in dottrina, il risultato a cui si è giunti è frutto di una serie di coincidenze storiche e politiche, determinate prevalentemente dalla scelta del Congresso Statunitense, precedente alle altre scelte legislative in quanto a cronologia (SCORZA (2005), La tutela del software, op. cit. p. 406 e ss.).
L'idea che il software dovesse, dunque, essere escluso dalla tutela brevettuale si diffuse anche in Europa dove già nel 1968 il legislatore francese all'art. 7 della legge 68-1 disponeva che “ne constituent pas, en particulier, des inventions industrielles: [...] 3. Les méthodes financières ou comptables, les regles de jeux et tous autres systèmes de caractère abstrait, et notamment les programmas ou séries d'instructions pour le déroulement des operations d'une machine calculatrice”. Successivamente, anche all'interno della Convenzione di Monaco sul Brevetto Europeo si escluse, all'art. 52, la brevettabilità del software “in quanto tale”. (SCORZA (2005), La tutela del software, op. cit. p. 419 e ss.).
A favorire l'accoglimento dell'orientamento volto ad ammettere l'attribuzione della privativa autoriale ci sarebbero diverse ragioni. Innanzitutto si considerano le caratteristiche del mercato dei prodotti informatici in cui agli elevati costi di progettazione non sempre corrispondono avanzamenti della tecnica tali da essere considerati inventivi e il fatto che ciò determinerebbe il negare qualsivoglia tutela ad una vasta serie di programmi per elaboratore. Vi sarebbe, poi, il vantaggio di non dover adempiere alle formalità richieste per accedere alla tutela brevettuale (UBERTAZZI (2007) Commentario Breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, op. cit., p. 153)
Si veda ancora Renato BORRUSO (2001) L’informatica per il giurista: dal bit a internet (II° edizione), op. cit., p. 281 e ss.; Mario FABIANI (2004) Diritto d'autore e diritti degli artisti interpreti o esecutori,op. cit., p. 91; Paolo MARZANO (2005) Diritto d’Autore e Digital Technologies, Giuffré, Milano; P. GOLDSTEIN, Copyright, op. cit., p. 195 e ss.

[6]Per comprendere appieno la portata della norma è opportuno operare una ricostruzione delle fasi che portano alla creazione del software. Si ha innanzitutto una individuazione dello scopo generale del software nel suo complesso e nelle diverse parti che lo compongono. Analizzando dettagliatamente gli scopi del programma, si giunge alla elaborazione di algoritmi e la stesura di una flowchart, o diagramma di flusso, la quale descrive ad un livello sempre maggiore di dettaglio le modalità attraverso cui le diverse parti interagiscono tra loro e con cui ciascuna di esse esegue le funzioni sue proprie. Da tale operazione si giunge alla redazione del codice sorgente e alla sua traduzione delle istruzioni in codice oggetto, o macchina. BORRUSO (2001) L’informatica per il giurista: dal bit a internet (II° edizione), op. cit., pp. 115 e ss.

[7]Ritorna, dunque, il richiamo alla dicotomia tra idea ed espressione. Con riferimento alla struttura del programma per elaboratore non sempre, tuttavia, è di facile individuazione il confine tra espressione (suscettibile di tutela) e idea (avulsa dalla tutela). In dottrina si veda: Paolo MARZANO (1998) Diritto d'autore ed antitrust tra mercati concorrenziali e network economies, in Il Diritto di Autore n.4, pp. 443 e ss. L'Autore affronta la questione relativa all'individuazione dell' “espressione” tutelabile nel software.

[8]L'affermazione può  essere supportata da un rimando alla ratio che determina l'esclusione, presente innanzitutto nel richiamato art. 52 della Convenzione di Monaco sul Brevetto Europeo, dell'attribuzione di qualsiasi privativa per i princìpi, le regole matematiche, le scoperte e le teorie scientifiche, i metodi commerciali, contabili e di gioco. In tal senso, UBERTAZZI (2007) Commentario Breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, op. cit., p. 154.

[9]Renato BORRUSO (2001) L’informatica per il giurista: dal bit a internet (II° edizione), op. cit., pp. 247 e ss. L'Autore riporta espressamente la dicitura legislativa “idee e principi” allo stesso algoritmo.

[10]Mentre si ritiene fuor di dubbio tutelabile la sequenza dei segni che l'autore usa per rappresentare il diagramma, rimane incerta la possibilità di tutelare la soluzione originale espressa all'interno dello stesso. UBERTAZZI (2007) Commentario Breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, op. cit., p. 155.

[11]UBERTAZZI (2007) ibidem, p. 155.

[12]Pret. Modena, 29 aprile 1999. Per la pretura di Modena, il reato previsto dall'art. 171-bis della versione allora vigente della l.a. consiste nella mera duplicazione di altro programma, al più comprendendo eventuali variazioni introdotte all'esclusivo scopo di nascondere il plagio. Non è pertanto configurabile il reato qualora siano identiche solo le specifiche funzionali del programma.

[13]Riportata in M. FABIANI (2004) Diritto d'autore e diritti degli artisti interpreti o esecutori, op. cit., p.92.
Nell'opera citata, l'Autore non si riserva di far notare come la giurisprudenza statunitense abbia dato luogo ad uno studio più approfondito sulla struttura del software e sulla modalità di elaborazione della stessa.
Con attinenza a tale tradizione giurisprudenziale è possibile citare quello che è definibile come leading case, ossia il caso Computer Associates Vs Altai (1992). Il Secondo Circuito della Court of Appeals elaborò il c.d. “successive filtering method”. Per risalire all'idea che sta dietro l' “espressione” del software i giudici statunitensi procedono mediante tre gradi successivi di filtraggio. Il primo viene detto “abstraction” e consiste in un'operazione che consente di scomporre il programma individuandone gli elementi di maggiore generalità (che verranno esclusi dalla tutela) e gli elementi di maggior dettaglio. Subito dopo viene effettuata l'operazione di “filtration” che consiste nell'applicare agli elementi individuati nella fase precedente le regole della dicotomia tra idea e espressione (merger doctrine, espressioni più efficienti, e regole, processi, funzioni matematiche sono escluse dalla tutela). Si effettua infine la “comparison” tra ciò che resta di tutelabile del primo software e ciò che resta di tutelabile del software sospetto di costituire un plagio.

[14]Corte di Cassazione , Prima Sezione, sent. n. 581/2007

[15]Anche quest'ultimo articolo, come i prossimi che si andranno ad esaminare, è stato introdotto con il D. Lgs. n. 518/1992, attuativo della direttiva CE 91/250 sul software.

[16]Così come viene descritto nella norma, il diritto di riproduzione comprende anche le mere utilizzazioni del software, in quanto si legge che ex art. 64-bis tutte le operazioni che comportino la riproduzione anche solo temporanea del programma su un supporto diverso da quello su cui esso è originariamente istallato necessitino dell'autorizzazione del titolare dei diritti. UBERTAZZI (2007) Commentario Breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, op. cit., p. 169.
Deve essere, poi, ripetuto come per qualsiasi operazione posta in essere da un elaboratore sia indispensabile caricarvi un software, il che significa realizzare delle copie temporanee di una parte sostanziale del software almeno sulla memoria volatile. In tal senso, SCORZA (2005), La tutela del software, op. cit., p. 395.

[17]Tale esclusiva è stata oggetto di critiche da una prima dottrina poiché, considerando l'elevato livello di obsolescenza di un software ed il fatto che esso richieda tempestivi interventi di aggiornamento, si nota la sostanziale impossibilità di intervento su di esso da parte del fruitore medesimo e la sua presunta condizione di subordinazione di fronte all'attività del distributore del software il quale viene ad avere il potere di sottoporre la sostituzione del vecchio software con il nuovo dietro compenso. In tal senso, Vincenzo FRANCESCELLI (1992) La tutela giuridica dei programmi per elaboratore, in Nuove leggi civili commentate, p. 260; SCORZA (2005), La tutela del software, op. cit., p. 396.

[18]Pare, ad esempio, applicabile al codice “sorgente” l'eccezione prevista dall'art. 67 l.a. in maniera tale da ammettere che esso possa essere riprodotto su carta o altro formato ai fini «di pubblica sicurezza, nelle procedure parlamentari, giudiziarie o amministrative», quella prevista dall'art. 68 nell'ipotesi in cui un soggetto riproduca lo stesso codice su carta o altro supporto non idoneo allo spaccio, purché tale riproduzione non serva alla realizzazione di un programma identico e l'eccezione disciplinata dall'art. 70 volta a consentire la riproduzione parziale di un'opera ai fini di critica, discussione o insegnamento. UBERTAZZI (2007) Commentario Breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, op. cit., p. 169.

[19]Si ritiene in dottrina che nel correggere il software l'utente non può né decompilare il codice del programma (la cui disciplina è posta nell'art. 64-quater) né effettuarne riproduzioni, ma che debba operare attraverso dei c.d. patchen (creazione di ponti) o strumenti simili, in maniera tale dal non realizzare modificazioni di software soggette ad autorizzazione. LEHMANN (1994) I nuovi diritti europei degli utenti del software, p. 55.

[20]La copia di back-up costituisce la cautela minima adottata dagli utenti di software per evitare di perdere in un modo o nell'altro le informazioni contenute in un programma, qualora dovesse andare perduta l'unica copia originale contenente lo stesso. SCORZA (2005), La tutela del software, op. cit., p. 398.

[21]Micheal LEHMANN (1994) I nuovi diritti europei degli utenti del software, in Rivista di Diritto Industriale n. 1, pp. 53.

[22]UBERTAZZI (2007) Commentario Breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, op. cit., p. 173.

[23]La previsione è in linea con il rispetto di quel fondamento del diritto d'autore che limita la tutela all'espressione, negandola alle idee ed ai princìpi che ne sono alla base, il quale si è visto essere ripreso dall'art. 2 punto 8) della l.a. In tal senso, pur se con riferimento alla normativa tedesca, M. LEHMANN (1994) I nuovi diritti europei degli utenti del software, op. cit., p. 54.

[24]Il reverse engineering, detto anche “decompilazione” si traduce in un'analisi profonda del programma volta alla scomposizione dei vari passaggi che normalmente formano la creazione stessa del software. Il programma per elaboratore viene frazionato fino al punto di giungere alle regole base, idee e principi che ne formano la prima struttura. Nella realizzazione di un software, il programmatore (ed ancor prima l' “analista”) partendo dal risultato finale che si vuole ottenere dal suo utilizzo individua una serie di comandi e che una volta impartiti, per l'appunto “in serie”, fanno sì che il software realizzi l'obiettivo desiderato. La scomposizione dei vari passaggi logici, fino al raggiungimento dell'idea di base che li regge, rappresenta la c.d. “decompilazione”. Essa tra l'altro, rappresenta un mezzo che consente di giungere alla distinzione tra idea ed espressione in un programma per elaboratore, ed è, inoltre, affiancabile alla fase della abstraction che si è visto formare il primo momento del successive filtering method americano. Cfr. infra nota 202.

[25]È appena il caso di notare come questa situazione sia la regola in senso contrario. Molto comunemente, infatti, sono i produttori dei programmi applicativi che bloccano l'interoperabilità con software di sistema che non siano i propri.

[26]Nel sistema comunitario la “decompilazione” è permessa nei limiti della realizzazione dell'interoperabilità. Al contrario di ciò che accade negli Stati Uniti, non è possibile decompilare un programma per ottenere le informazioni utili a creare un nuovo prodotto, indipendente dal primo e, quindi, senza perseguire il fine di poter “comunicare” (interoperare) con esso. Vd. Paolo MARZANO (1998) Diritto d'autore ed antitrust tra mercati concorrenziali e network economies, in Il Diritto di Autore n.4, pp. 446 e ss.

[27]Con il termine «interoperabilità» deve intendersi “la capacità di due o più sistemi informatici di scambiare informazioni e di usare reciprocamente le informazioni scambiate”, così UBERTAZZI (2007) Commentario Breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, op. cit., p. 175.

[28]Per una definizione di programma applicativo: Renato BORRUSO (2001) L’informatica per il giurista: dal bit a internet (II° edizione), op. cit., pp. 201 e ss. per il quale il software applicativo è quel programma che “serve a far sì che il computer svolga, tra i tanti lavori possibili, un lavoro particolare.”

[29]Renato BORRUSO (2001) L’informatica per il giurista: dal bit a internet (II° edizione), op. cit., pp. 204 e 205. Sotto questo punto di vista, il software che dirige il funzionamento dell'opera videoludica (inteso come il programma che è istallato sulla copia del singolo videogioco) può essere considerato quale software applicativo, mentre il software istallato sulla console può essere visto come software di sistema.

[30]Luigi C. UBERTAZZI (2007) Commentario Breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, op. cit., p. 176.

[31]Si veda a proposito M. FABIANI (2004) Diritto d'autore e diritti degli artisti interpreti o esecutori, op. cit., p.92.