Giornali online e provvedimenti cautelari equivalenti al sequestro: le Sezioni Unite fanno chiarezza

Scritto da Nicolò Maria Salvi

È ammissibile l’ordine di cancellazione e/o di oscuramento di una singola o di più pagine di stampa di testate telematiche, attraverso il ricorso all’inibitoria ex art. 700 c.p.c. al fine di elidere l’aggravamento del danno, sia patrimoniale che non, derivante dalla pubblicazione online di articoli diffamatori e/o comunque lesivi del decoro della persona? È con la precisa intenzione di dare una risposta definitiva a questa domanda che le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23469 del 25 ottobre 2016, giungono ad pronunciarsi in merito all’equiparazione dei giornali online con quelli tradizionali.

La questione nasce a seguito della domanda di un’università telematica volta alla rimozione di alcuni articoli diffamatori pubblicati sui siti internet del settimanale L’Espresso e del quotidiano La Repubblica. In tale circostanza i giudici del Tribunale di Napoli avevano infatti deciso in maniera diametralmente opposta in merito alle rispettive istanze cautelari: da una parte, era pronunciata un’ordinanza di accoglimento del reclamo avverso la declaratoria di inammissibilità del ricorso cautelare del diffamato e contestuale ordine a L’Espresso di rimuovere l’articolo dalla pagina web e di deindicizzarlo presso i più comuni motori di ricerca, dall’altra, in sede di reclamo i giudici avevano invece pronunciato ordinanza di inammissibilità del provvedimento cautelare in materia.

Dopo una preliminare analisi del rispetto dei presupposti del procedimento ai sensi dell’art. 363 c.p.c. e del quadro normativo di riferimento relativo sia alla libertà di pensiero e di stampa che ai sequestri preventivi, gli Ermellini s’interrogano in merito all’opportunità di una sostanziale e funzionale equiparazione tra la nozione di giornale telematico e quella di giornale tradizionale.

Rileva in tal senso l’espresso richiamo alla sentenza del 29 gennaio 2015 delle Sezioni Unite Penali, in cui si esaminava come alla generica nozione di “stampa” siano pacificamente ricondotti i giornali tradizionali e come si possa ricondurre anche quelli telematici: gli uni e gli altri, secondo la rielaborazione offerta dai giudici, sono qualificabili come prodotti editoriali, caratterizzati da una testata, dalla diffusione regolare, dall’organizzazione in una struttura con un direttore responsabile che sia giornalista professionista o pubblicista, una redazione ed un editore registrato presso il registro degli operatori della comunicazione, dalla finalizzazione all’attività professionale di informazione diretta al pubblico. È proprio da riscontro di siffatti identici requisiti che ne discende l’equiparazione dei giornali telematici a quelli tradizionali: si rinviene, infatti, l’esercizio, da parte di entrambi in forme simili, di un’attività professionale di divulgazione e commento di notizie ed informazione, esercitata secondo regole preliminarmente elaborate di responsabilità o doveri o rispetto di limiti da parte di soggetti particolarmente qualificati, in regime di trasparenza anche quanto a fonti di finanziamento e sostanzialmente di riferimento.

Ulteriore e successivo passaggio logico consiste pertanto nell’interrogarsi in merito all’estensione dell’applicabilità delle garanzie costituzionali anche con riferimento alle testate online. Una volta riconosciuta l’equivalenza e la rientranza sotto la più ampia nozione di stampa, appare evidente come debbano essere riaffermati, in relazione ai giornali telematici, tutti quei principi tradizionali e quelle conclusioni già raggiunte in materia, le quali, nonostante il lungo tempo trascorso, conservano intatta la loro attualità.

Si spiega così il richiamo alla sentenza n. 122 del 1970 della Corte Costituzionale, che statuì solennemente che il sequestro della stampa è vietato, ad eccezione dei soli casi previsti dalla stessa legge, per la presenza, in tale ambito, della libertà di espressione ed a causa dell’importanza del suo ruolo in una società democratica su ogni altro interesse meramente individuale, reputando di conseguenza esclusa anche la concessione di qualsivoglia misura atipica, soprattutto ai sensi dell’art. 700 c.p.c., di contenuto corrispondente a quelle espressamente vietate da altre norme dell’ordinamento, in particolar modo se si tratta di norme di rango costituzionale. Con esplicito riferimento all’art. 700 c.p.c. rileva invece la sentenza n. 2129 del 1975 della Corte di Cassazione, secondo cui tale disposizione, nonostante possa consentire l’emanazione di provvedimenti cautelari atipici intesi a far cessare temporaneamente o a contenere il pregiudizio che deriva a terzi da una pubblicazione a stampa, tuttavia non può costituire la fonte del potere di concedere un provvedimento di sequestro della stampa vietato dal terzo comma dell’art. 21 Cost.

Alla luce dell’analisi condotta dalle Sezioni Unite, la tutela costituzionale assicurata dal terzo comma dell’art. 21 Cost. alla stampa si applica anche al giornale pubblicato, in via esclusiva o meno, con mezzo telematico, quando questo possieda i medesimi tratti caratterizzanti del giornale tradizionale su supporto cartaceo. Di conseguenza, qualora sia dedotto il contenuto diffamatorio di notizie in esso pubblicate, anche il giornale online non può essere oggetto, in tutto o in parte, di un provvedimento cautelare preventivo o inibitorio avente contenuto equivalente al sequestro o che ne impedisca o limiti la diffusione, ferma restando la tutela eventualmente concorrente in tema di protezione dei dati personali.

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