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Crookes v. Newton: può un ipertesto dar luogo a responsabilità per diffamazione?

Scritto da Lorenzo Dalla Corte

Internet, come è noto, è il principale mezzo di informazione e di comunicazione di massa al mondo: un conglomerato di computer, una rete di elaboratori collegata mediante una grande varietà di mezzi trasmissivi.

In questo senso il termine acquista un' accezione materiale, quasi fisica. Esso è però definibile anche come una complessa rete logica, un mondo digitale di singole informazioni connesse tra loro tramite collegamenti ipertestuali (hyperlinks) che consentono la lettura non lineare del contenuto della rete mediante rinvio da un' unità informativa ad un' altra.

L'utilizzo ultra-trentennale degli ipertesti ha evidenziato chiaramente il loro indispensabile ruolo di collegamenti logici, e l' evoluzione di Internet ne ha anzi progressivamente aumentato l' importanza. La convergenza delle reti intesa in senso materiale è ad ogni evidenza accompagnata da un incremento sia del numero che delle modalità di utilizzo degli hyperlinks; basti pensare alle nuove strettissime connessioni e convergenze esistenti tra molti dei siti più utilizzati al mondo (da Facebook a Youtube, da LinkedIN a FlavoursME, da MySpace a Google) ed all' utilizzo di ipertesti in relazione alle nuove funzionalità della rete (Google Maps sembra essere un esempio calzante).

Non stupisce quindi il frequente insorgere di problematiche giuridiche, di notevole importanza teorica e pratica, che orbitano attorno alla qualificazione giuridica del concetto di hyperlinked alle conseguenze legali della pubblicazione di ipertesti in determinate situazioni: si pensi ad esempio ai (frequenti) casi di siti che ospitano link a materiali presenti su altri siti che violano la normativa sul copyright, o alla responsabilità conseguente alla condivisione di altrui materiale illegale, o semplicemente all'incidenza che ha il concetto in questione relativamente alla nozione di pubblicazione. Ne è certamente un esempio il caso W. Crookes v. J. Newton, attualmente in discussione presso la Corte Suprema canadese, il quale tratta della responsabilità per diffamazione di chi pubblica meri ipertesti collegati ad altrui materiale ritenuto diffamatorio, di cui in seguito il sunto.

Il 18 luglio 2006 John Newton, publisher del sito p2p.net scrisse un brano (relativo alla libertà di parola in Internet) nel quale erano presenti degli ipertesti che indirizzavano il lettore ad una serie di articoli del 2005 ("Wayne Crookes", "Friends of Crookes" and "Gang of Crookes") scritti da Mike Pilling ed ospitati dal sito Openpolitics. Tali articoli vennero ritenuti diffamatori dall' uomo d' affari canadese Wayne Crookes, proprietario della West Coast Title Search ltd. e responsabile dell' allontanamento di Mike Pilling dal Canadian Green Party, in cui entrambi militavano.

Crookes richiese a Newton la rimozione dei link al materiale ritenuto diffamatorio, sostenendo che, in caso contrario, benché nel brano non fosse presente alcun estratto degli articoli di Pilling né alcun giudizio personale su Crookes, anche lui sarebbe stato ritenuto responsabile per diffamazione.

Al rifiuto di Newton, dettato da ragioni di carattere prettamente ideologico piuttosto che da motivi di carattere economico o da connessioni personali con Pilling o con il sito Openpolitics.ca, Crookes lo citò in giudizio.

Il primo grado di giudizio si concluse con la statuizione dell'irresponsabilità di Newton. Justice Kelleher individuò due punti nodali nella questione: da una parte l' impossibilità di provare o di presumere legalmente che qualcuno avesse effettivamente seguito gli ipertesti presenti nell' articolo di p2p.net [1]; dall'altra il fatto che la semplice pubblicazione di hyperlinks, scevra di estratti, riferimenti o giudizi di valore, non potesse essere di per sé considerata pubblicazione [2]. Il giudice specifica però di non voler in nessun caso sancire in via definitiva l' irresponsabilità di chi crea degli ipertesti collegati a materiale diffamatorio, esemplificando come la decisione relativa al caso in questione sarebbe potuta essere diversa [3].

Crookes, chiaramente insoddisfatto dalla pronuncia, ricorse presso la British Columbia Court of Appeal.

La Corte dette nuovamente ragione a Newton, accogliendo la sua concezione di hyperlink come semplice nota, riferimento o bibliografia. Decisiva in tal senso fu la qualificazione del concetto di ipertesto: tra una molteplicità di possibili soluzioni, la Court of Appeal stabilì come un link sia generalmente da considerarsi alla stregua di una mera nota a piè di pagina (come già ipotizzato dal Canadian Internet Policy and Public Interest Clinic, intervenuto in giudizio a favore di Newton), piuttosto che un esplicito suggerimento a leggere il testo collegato o come qualcosa che addirittura incorpori il materiale di riferimento, come sostenuto da Crookes [4]: come l' autore di un testo non deve essere ritenuto responsabile per eventuali affermazioni diffamatorie contenute in testi da lui richiamati, così a chi crea un ipertesto non può essere attribuito il contenuto del materiale a cui il link si riferisce.

Anche una definizione puntuale del concetto non elimina le zone grigie, ammonisce però l' Honourable Madam Justice Prowse della Corte d' Appello della British Columbia, esemplificando (durante la motivazione della propria opinione dissenziente e minoritaria) una serie di fattori potenzialmente rilevanti, come la prominenza del link nella pagina, eventuali parole d' accompagnamento od anticipazioni sul contenuto del materiale collegato e varie altre circostanze.

Nonostante l' articolo di Newton fosse stato letto da poco meno di duemila persone, il 12 dicembre 2010 la causa derivatane è giunta fino alla Corte Suprema canadese, ultimo grado di giudizio, la quale è chiamata a decidere sulla responsabilità degli utenti di internet relativamente agli ipertesti da loro creati.

Dopo un' udienza di tre ore, in cui la Corte è stata avvertita da più legali riguardo all'importanza degli hyperlinks relativamente al funzionamento di Internet come oggi lo conosciamo, numerosi giudici sono sembrati recettivi agli argomenti della difesa di Newton: "We're sentencing hyperlinks to death, it seems to me", ha statuito Justice Louise Charron, dopo aver ipotizzato le conseguenze di una pronuncia favorevole agli argomenti di Crookes; la corte si è tuttavia riservata di decidere, e l' attesa per la sentenza potrebbe durare fino ad un anno.

Anche alla luce del numero di associazioni intervenute a favore di Newton [5] e delle finalità di tutela da loro perseguite risulta evidente l' impatto che una sentenza a favore di Crookes potrebbe avere. Un' eccessiva estensione della responsabilità potrebbe infatti avere l' indesiderato effetto di congelare il ciberspazio canadese: basti pensare al numero di ipertesti condivisi quotidianamente su piattaforme quali Facebook, Twitter o Tumblr, o all'esistenza di siti (qualsiasi motore di ricerca) e programmi (RSS Readers, ad esempio) la cui funzione principale è quella di provvedere alla distribuzione ed alla creazione di link relativi ad un' enorme varietà di contenuto.

Come ipotizzato da Justice L. Charron [6], considerare automaticamente responsabile un individuo per il contenuto delle pagine a cui si riferiscono gli ipertesti da lui pubblicati (attribuendogli dunque de iure la qualifica di publisher) avrebbe come automatico effetto quello di inibire la quasi totalità degli utenti soggetti alla legge canadese, ponendoli in una rischiosa situazione di perenne incertezza.

Note

  [1] "the mere creation of a hyperlink in a website does not lead to a presumption that persons read the contents of the website and used the hyperlink to access the defamatory words".

  [2] "I conclude that that does not make the publisher of the web address a publisher of what readers find when they get there".

  [3] "For example, if Mr. Newton had written "the truth about Wayne Crookes is found here" and "here" is hyperlinked to the specific defamatory words, this might lead to a different conclusion".

  [4] "The creation of a hyperlink actually embeds the referred to material in the primary article".

  [5] Canadian Civil Liberties Association, Samuelson-Glushko Canadian Internet Policy and Public Interest Clinic, NetCoalition, British Columbia Civil Liberties Association, Canadian Newspaper Association, Ad Idem/Canadian Media Lawyers Association, Magazines Canada, Canadian Journalists for Free Expression, The Writers' Union of Canada, Professional Writers Association of Canada, Pen Canada, Canadian Publishers' Council.

  [6] "Maybe I'm a chicken, but I would not dare create a hyperlink because there might be some defamatory material, and I'll be stuck defending myself in court, and I cannot afford it".

 

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