La diffamation en ligne

Il regime giuridico della libertà di comunicazione in Francia alla luce delle nuove soluzioni Giurisprudenziali

 

La legge 29 luglio 1881 disciplina in Francia la libertà di stampa e più in generale è considerata essere il testo fondatore del quadro legale della libertà di comunicazione. Tale normativa, infatti, pur sancendo uno dei regimi più severi in termini di repressione dei delitti contro la persona compiuti attraverso l'uso della stampa, si insinua perfettamente nello spirito della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 che all'articolo 11 recita: “La libre communication des pensées et des opinions est un des droits les plus précieux de l'homme; tout citoyen peut donc parler, écrire, imprimer librement, sauf à répondre de l'abus de cette liberté dans les cas déterminés par la loi [1]”. La legge del 1881 è stata successivamente modificata e completata da due successivi testi normativi; la l. 29 luglio 1982 relativa alla comunicazione audiovisiva e la l. 30 settembre del 1986 inerente alla libertà della comunicazione, i quali estendono il regime previsto per la stampa anche agli altri mezzi di comunicazione audiovisivi, nel novero dei quali, date le sue peculiarità, vi rientrerebbe anche internet pur non essendo, tale tecnologia, esplicitamente richiamata dalle norme. Una recente sentenza della Corte di Cassazione [2] (Chambre Criminelle – Audience publique 10 mai 2005) ha riconosciuto, la possibilità di applicare al fenomeno di internet la disciplina giuridica prevista dalle suddette leggi in tema di “espressioni ingiuriose e diffamatorie” nei confronti dei terzi, essendo “i siti internet un mezzo di comunicazione audiovisiva ai sensi dell'art. 2 l . 30 settembre 1986” [3]. Secondo la legge del 1881, è considerata come diffamazione “ogni imputazione di un fatto che produca una lesione all'onore o alla reputazione della persona o del corpo a cui il fatto è attribuito” [4]. Qualora tale delitto venga realizzato a mezzo stampa o tramite altro servizio di comunicazione, la responsabilità penale ricade sulla persona indicata dagli articoli 93-2 e 93-3 della l. 29 luglio 1982, ossia sul direttore della pubblicazione. In relazione a questo argomento la Suprema Corte ha chiarito che qualora si tratti di una pubblicazione effettuata su un sito internet: “la responsabilità penale del delitto in questione ricade sul proprietario del sito e sull'autore delle espressioni ingiuriose” [5]. In caso di dichiarazione diffamatoria, l'intenzione del responsabile si considera colpevole e su questi incombe l'onere di provare la propria “buona fede” ( l'exception veritatis ). Tale dimostrazione risulta però difficile, in quanto deve riunire quattro condizioni: la sincerità (il diffamatore credeva vero il fatto diffamatorio), il perseguimento di un fine legittimo (ossia deve esserci lo scopo di informare e non di nuocere), la proporzione del fine con il danno causato, e l'aver comunque mantenuto una certa prudenza nel dare l'informazione. Successivi alla suddetta sentenza di legittimità sono stati gli altri giudizi delle corti di merito che hanno applicato il regime previsto per i mezzi di comunicazione audiovisivi in caso di lagnanza presentata contro un sito internet che abbia pubblicato espressioni diffamatorie. Ultima in ordine di tempo, la sentenza del Tribunal de Grande Instance (TGI) di Parigi del 17 marzo 2006. La corte territoriale si è trovata a dover decidere sul ricorso presentatogli dal Comune di Puteaux, nei confronti del direttore della pubblicazione del sito internet www.monputeaux.com, accusato di aver pubblicato in una delle rubriche private (cd. blog ), uno stralcio del quotidiano “ Le Parisien ” contenente commenti diffamatori nei confronti dell'amministrazione comunale [6]. Il giudizio di primo grado si è risolto applicando al servizio di comunicazione elettronica, fornito dall'imputato, la legge 29 luglio 1881, in quanto, come recita il dispositivo, “ peu importe pour l'applicabilité à la présente espèce de la loi ( . . .) que le service de communication en ligne fourni par le prévenu n'ait pas été édité par celui-ci à titre professionnel mais ait constitué ce qu'il convenu d'appeler indifféremment un site personnel ou, plus récemment, un blog [7]”. In tal modo i giudici francesi, dopo aver analizzato il comportamento tenuto dall'imputato, hanno rigettato il ricorso promosso dal Comune, poiché pur avendo riconosciute come diffamatorie le imputazioni di cui sopra, hanno ravvisato nel comportamento del direttore della pubblicazione il requisito esimente della “buona fede” [8].

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[1] L’Art.11 della Dichiarazione: “La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente salvo rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge”.

[2] Nel caso di specie, la Suprema Corte ha riconosciuto colpevole del delitto di diffamazione, il rappresentante legale di un sindacato sul cui sito internet erano state pubblicate frasi diffamatorie nei confronti di un funzionario pubblico.

[3] Cour de cassation, Chambre Criminelle, n° de pourvoi 04-84705 «(. . .) attendu que, le site internet constituent un moyen de communication audiovisuelle au sens de l’article 2 de la loi n° 86- 1067 du 30 septembre 1986 relative à la liberté de communication ( . . .) »

[4] Art. 29 l. 29 juillet 1881: « toute imputation d’un fait qui porte atteinte à l’honneur ou à la considération de la personne ou du corps auquel le fait est imputé ».

[5] Motivazione della sentenza : « le réseau internet constituant un moyen de communication audiovisuelle au sens de l’article 2 de la loi du 30 septembre 1986 relative à la liberté de communication, la responsabilité pénale du propriétaire d’un site et de l’auteur des propos injurieux ou diffamatoires diffusés sur ce site peut être engagée dans les conditions prévues par l’article 93-3 de la loi du 29 juillet 1982 ».

[6] Nel testo incriminato due sono le imputazioni diffamatorie; la prima relativa alla spesa sostenuta dal comune per l’allestimento del mercato “Puteaux en neige” considerata abnorme e non giustificata e al licenziamento ingiustificato nei confronti di una impiegata del comune che aveva denunciato le anomalie del suddetto mercato, la seconda, relativa alle minacce telefoniche subite sia dalla stessa impiegata che aveva opposto ricorso al licenziamento sia a quelle che avrebbe ricevuto lo stesso redattore del testo.

[7] Dispositivo della sentenza TGI di Parigi del 17 Marzo 2006: “poco importa per l’applicazione al caso di specie della legge ( . . .) che il servizio di comunicazione on-line fornito dal convenuto non sia stato pubblicato da questi a titolo professionale ma costituisca quello che si suole chiamare un sito personale, o più precisamente, un blog”.

[8] Cfr. dispostivo della sentenza “Sur la bonne foi”, pag. 31.