Il D.Lgs 21/2014: nuovi assetti della tutela del consumatore

Il D.Lgs 21/2014, emanato il 6 febbraio di quest'anno, è attuativo della Direttiva 2011/83/UE e rappresenta un notevole punto di svolta nella disciplina della tutela del soggetto contrattuale strutturalmente debole: il consumatore.

La Direttiva ha previsto una tutela più strutturata per il consumatore nella stipulazione del contratto, soprattutto se la stessa avviene con particolari modalità come, ad esempio, nei contratti a distanza e nei contratti stipulati fuori dai locali commerciali. La stessa poneva un termine per esercitare il diritto di recesso più ampio di quello stabilito dal Codice del consumo (14 giorni invece di 10) e stringenti obblighi di informazione precontrattuale in entrambi i tipi di contratto. La Direttiva aveva assegnato agli Stati membri un termine di due anni per adeguare le proprie discipline interne a quella comunitaria.

Il risultato normativo raggiunto appare subito un punto di approdo più stabile e più ricco rispetto alla previgente disciplina del 2005 che secondo molti fu per certi aspetti più il risultato di una "scelta emotiva" che di un approccio tecnico alla tutela.

Sicuramente, il professionista risulta più onerato rispetto al suo collega di ieri. Questo, in realtà, più che essere un risultato del recente Decreto, è l'indice di una tendenza evolutiva nata già dall'inizio del nuovo millennio. Il concetto di diligenza professionale è stato esteso al punto da ritenere che oggi il professionista non abbia più solo l'obbligo di non concludere contratti in frode al consumatore, ma anche quello di aiutarlo a stipulare il contratto che più si confà alle sue esigenze. La diligenza professionale diventa dunque uno strumento utile a ridurre gli squilibri informativi tra le due parti contrattuali e di riflesso anche quelli di mercato.

Se il Codice del consumo (D.Lgs n. 206/05) poneva a carico del professionista un obbligo di informazione precontrattuale differente per i contratti a distanza e per quelli stipulati fuori dai locali commerciali, più intenso il primo e più limitato il secondo, il nuovo Decreto eguaglia i due tipi di contratto per questo aspetto e non limita più l'informazione al solo diritto di recesso per quelli stipulati fuori dai locali commerciali.

L'ambito di applicazione della disciplina in oggetto viene trattato simultaneamente in un unico articolo e lo stesso vale per le cause di esclusione dalla stessa. Queste ultime risultano notevolmente accresciute rispetto al 2005. Tra le ipotesi aggiunte vi sono: i contratti di servizi sociali, compresi gli alloggi popolari; per la costruzione di nuovi edifici; di attività d'azzardo che implicano una posta di valore pecuniario in giochi di fortuna. Vengono anche specificate alcune ipotesi già presenti nella disciplina previgente: per i contratti di modico valore viene stabilito il limite di 50 euro; per quelli di fornitura di alimenti viene specificato che, perché l'esclusione operi, i beni siano fisicamente forniti dal professionista.

Implementazione del diritto all'informazione, dunque, ma anche mutamento dello stesso ius poenitendi, reso oggi decisamente più accessibile per il consumatore.

Oltre al prolungamento del termine per poterlo esercitare, il diritto di recesso perde la natura di dichiarazione recettizia e risulta per questo motivo operante sin dal momento in cui il consumatore abbia inviato la dichiarazione di recesso al professionista, senza il bisogno di un recepimento da parte di quest'ultimo per la produzione dei relativi effetti.

Viene inoltre eliminata quella che era una condizione ostativa all'esercizio dello stesso diritto (art. 67 C.cons): l'integrità del bene. Oggi viene stabilito che nei casi in cui il valore economico del bene risulti diminuito a causa di una manipolazione dello stesso da parte del consumatore diversa da quella necessaria per stabilirne la natura, le caratteristiche ed il funzionamento, egli sarà tenuto al rimborso di quel valore economico, senza che quindi ciò gli impedisca di esercitare il diritto di recesso. Al di là di questo circoscritto caso, il consumatore è tenuto solo al pagamento delle spese per la spedizione, sempreché il bene, avuto considerazione delle sue caratteristiche, sia suscettibile di spedizione a mezzo posta. In caso contrario, il professionista dovrà ritirare il bene a sue spese al domicilio del consumatore (ipotesi anche questa non prevista dalla previgente disciplina).

Decisamente più intensa è la tutela per il consumatore anche nei casi in cui il professionista abbia omesso l'informazione circa il diritto di recesso: è previsto un ampliamento del termine per recedere di un anno e 14 giorni (contro i 90 e 60 giorni previsti dalla disciplina del codice, rispettivamente, per i contratti a distanza e quelli stipulati fuori dai locali commerciali).

Infine, le ipotesi di esclusione del diritto di recesso derogabili ed inderogabili vengono trattate simultaneamente in un'unica disposizione (art. 59). Tra queste: i contratti di servizio dopo la completa prestazione dello stesso; fornitura di beni e servizi il cui prezzo è legato a fluttuazioni nel mercato finanziario che il professionista non è in grado di controllare e che possono verificarsi durante il periodo di recesso; fornitura di giornali, periodici e riviste ad eccezione dei contratti di abbonamento per la fornitura di tali pubblicazioni.

È difficile prevedere quale sarà l'impatto di questo Decreto sul generale assetto della disciplina consumeristica; senz'altro la strada per una compiuta tutela del consumatore è ancora molto lunga, ma quel che è certo è che si vede riconosciuta con ancora più forza la tutela della persona fisica che agisce per scopi estranei a quelli professionali e imprenditoriali e senz'altro questo rappresenta un punto di partenza e non un punto di arrivo.