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La Cassazione interviene sulla legittima difesa

Scritto da Federica Cosimelli

La Corte di Cassazione ha precisato con sentenza n. 20727 del 13 maggio 2003 i limiti entro i quali risulta applicabile l'istituto della legittima difesa per chi subisce una rapina. Si dichiara che in caso di qualsiasi reato contro un esercizio commerciale che cagioni danni ad un diritto patrimoniale, sia possibile ricorrere ad "atti di violenza" purché il metodo utilizzato risulti essere "l'unico efficace che si abbia a disposizione" e sempre mantenendo una proporzione tra il danno che si potrebbe subire e la reazione posta in essere.

La scriminante in questione, prevista dall'art 52cp., rientra nella più ampia categoria delle cause di giustificazione; ossia situazioni in presenza della quali un fatto che costituisce reato viene a considerarsi lecito poiché vi è una norma dell'ordinamento che lo impone o lo autorizza. Nel caso specifico il fondamento della legittima difesa poggia sul principio dell'autotutela privata, sussidiaria rispetto a quella pubblica nei casi in cui, per motivi di tempestività, non si possa ricorrere a quest'ultima. Il limite della stessa è posto dal medesimo articolo secondo il quale la difesa, per essere legittima, deve sottostare ad una valutazione di congruità con l'offesa. La proporzione tra offesa e difesa viene intesa dalla dottrina come "proporzione tra gli interessi in conflitto": è proporzionale, in base a tale definizione, la reazione che offenda un bene di valore non inferiore a quello difeso. Secondo la disciplina dell'istituto pertanto, non devono verificarsi eccessi rispetto ai mezzi che si utilizzano per impedire l'aggressione o la lesione di un proprio diritto.

Nella sentenza in esame si ricorreva per richiesta dell'avvocato difensore contro la condanna espressa dal Tribunale di Palermo contro F.M., commerciante siciliano, per aver inseguito e sparato in direzione dell'autovettura dei rapinatori che gli avevano rubato l'incasso della giornata provocando il ferimento di uno di questi. Il tribunale territoriale condannava il soggetto in quanto colpevole del delitto ex art. 586, in relazione agli artt. 83 e 590cp.

La richiesta di ricorso, accolta dalla Suprema Corte, risulta fondata sull' erronea applicazione degli artt. 52 e 55cp. in quanto i giudici di merito, nel ricostruire l'accaduto, non riconobbero la discriminante della legittima difesa, pur essendo questa applicabile anche alla difesa dei diritti patrimoniali, e qualificarono il comportamento del F.come "eccessivo in relazione ai limiti previsti per l'esercizio dell'istituto in questione".

A giudizio della V sezione penale della Corte di Cassazione, vengono riconosciuti, in astratto, i presupposti per l'applicazione della scriminante ex art. 52, in quanto il ricorrente per poter impedire la fuga dei rapinatori e recuperare il maltolto "fece uso dell'unico mezzo efficace in suo possesso" ma il fatto contestato viene comunque qualificato come "eccesso colposo in legittima difesa". Difatti, in relazione alla condotta tenuta dal commerciante nell'utilizzo della pistola, la Cassazione ritiene che questa sia stata, in una prima fase "adeguata e prudente" (quando i colpi vennero sparati in aria e contro l'automobile ferma), mentre in una seconda "avventata", poiché in questa circostanza i colpi vennero inferti contro la parte inferiore dell'auto che si era messa in movimento. Data la difficoltà di colpire un bersaglio mobile e la potenzialità omicida dello strumento a disposizione (la pistola), questo avrebbe dovuto essere usato con maggior cautela e avvedutezza per evitare di recare danni o lesioni non volute.

In base alla ricostruzione effettuata dai giudici di primo grado, fu in questo secondo frangente che venne ferito il malvivente e pertanto è incontestabile affermare che nell'esercizio della legittima difesa la condotta tenuta dall'imputato superi colposamente i limiti stabiliti dall'ordinamento legislativo.

Sul piano sanzionantorio, pertanto, il giudice di legittimità riconoscendo la violazione dell'art 590cp. prevede l'applicazione del trattamento previsto per il corrispondente reato, ma rigetta l'aggravio di pena previsto in prima istanza dal Tribunale di Palermo secondo l'art.586cp, in quanto l'eccesso "colposo" dei mezzi utilizzato per l'esercizio della legittima difesa si distingue da quello "doloso" (ex art. 586cp) che ricorre solo quando il soggetto, pur rendendosi conto della situazione e dei limiti di liceità del suo agire, volontariamente li travalichi e dunque, non nel caso in esame.