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Brevi considerazioni sul nuovo processo amministrativo

Scritto da Alessandro Tozzi

La Legge 205/2000 ha profondamente innovato il processo amministrativo, introducendo nuovi importanti istituti e migliorandone la funzionalità complessiva, anche se la strada da percorrere è ancora molto lunga e dobbiamo attendere che ci sia un doveroso e necessario adattamento della nuova normativa nella mentalità di tutti gli operatori del diritto. Ciononostante, nell'attesa che la riforma possa dirsi veramente riuscita grazie ad ulteriori interventi in tal senso, necessitati dall'impatto delle norme nella realtà giuridica (e non solo, penso alla endemica carenza di strutture che spesso frena alcune riforme molto ben studiate a tavolino, ma che alla prova dei fatti falliscono), mi preme sottolineare alcuni aspetti sui quali bisognerebbe riflettere tutti insieme per migliorare il processo amministrativo, rendendolo ancora più snello ed a piena tutela del cittadino, esigenza fondamentale da tenere sempre presente.
A) L'istituto, a mio avviso fondamentale, della sentenza 'a breve', per casi di manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso, viene interpretato in maniera troppo restrittiva da parte di molti Collegi, i quali troppo spesso non se la sentono di ricorrere a tale strumento anche quando è di tutta evidenza che quella sarebbe la strada più semplice da percorrere, sia per l'esigenza di celerità del processo che per una evidente questione di giustizia sostanziale, visti i lunghissimi tempi intercorrenti fra il giudizio in sospensiva e quello di merito. Bisogna quindi incrementare il ricorso a tale strumento, dandone la possibilità di utilizzo non solo quando entrambe le parti siano concordi in tal senso (anche perché è evidente che se la Pubblica Amministrazione non si costituisce non viene utilizzato il silenzio-assenso in proposito), sfruttando così appieno le grandi potenzialità dell'istituto, che potrebbe deflazionare -e molto- una consistente mole del contenzioso esistente.
B) Le sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali sono per legge esecutive, proprio come quelle dei Tribunali Civili: questo è un dato certo. Quello che non è comprensibile è perché i TAR, per apporre la formula esecutiva sulla sentenza, abbiano bisogno del certificato del Consiglio di Stato che non sia stato proposto appello in quella sede, questo sembra essere un retaggio di eccessivo favore per l'Amministrazione che, oltre a ritardare ulteriormente la possibilità di eseguire la sentenza (considerando anche i 120 giorni necessari per poi poter procedere con il pignoramento eventuale), è anche contra legem, e come tale andrebbe attentamente riconsiderato. Se poi l'appello è stato effettivamente proposto, è evidente come venga a cadere del tutto la forza di esecutività della sentenza di primo grado, rinviando in pratica sine die la possibilità di ottenere quanto sancito dalla sentenza stessa, il che è palesemente illegittimo proprio per l'esecutività della sentenza.
C) Le ordinanze istruttorie troppo spesso vengono inutilmente reiterate nei confronti della Pubblica Amministrazione, la quale lascia spesso passare due-tre udienze prima di depositare (se mai lo fa) la documentazione richiesta dal TAR, documentazione che a volte è già in atti e viene chiesta unicamente per sollecitare la Pubblica Amministrazione a dare un segno tangibile di presenza in giudizio, che evidentemente la stessa non sente alcun bisogno di dare. Ulteriore problema, che basterebbe ben poco a risolvere, è poi quello che tale documentazione -una volta depositata in vista dell'udienza- venga immediatamente, e giustamente, messa a disposizione del relatore della causa dalla cancelleria, determinando però l'impossibilità per la controparte di prenderne visione e causando, spessissimo, un ulteriore rinvio all'udienza successiva, proprio per la necessaria presa visione della documentazione depositata: basterebbe che chi sia chiamato al deposito di documenti facesse copia di quanto depositato anche per tutte le altre parti in giudizio, scambiandoli con esse come farebbe con una memoria, per velocizzare il giudizio e snellire il lavoro di giudici, avvocati e cancellieri.
D) Gli avvocati amministrativisti si sono oramai arresi all'idea di veder condannare la Pubblica Amministrazione alle spese processuali, evento più unico che raro, e che quando si verifica vede liquidate spese processuali in misura pari sì e no ad un decimo della tariffa processuale vigente, il che fa pensare o ad una non vigenza di tale tariffa (peraltro ferma dal 1994) o all'idea che nel diritto amministrativo la 'vittoria' in giudizio basti di per sé, e debba accontentare da sola il cittadino che ha proposto il ricorso. Quello che però andrebbe a mio avviso cambiata, anche per cambiare la mentalità della Pubblica Amministrazione in merito, è la prassi in materia di istanze a concludere i procedimenti amministrativi ed istanze di accesso ex L.241/1990. Notoriamente tali procedimenti prevedono tempi molto stretti per proporre ricorso davanti al TAR (30 giorni dal silenzio della P.A, che decorrono dopo il trentesimo giorno di presentazione dell'istanza), e spesso accade che l'Amministrazione si decida a rispondere solo quando il ricorso sia stato non solo notificato ma anche iscritto a ruolo, il che lo rende evidentemente carente di interesse per l'invio a sentenza. Si vorrebbe, anche se forse è chiedere troppo, che la magistratura cominciasse a punire tali comportamenti dilatori, condannando l'Amministrazione quantomeno al pagamento delle spese processuali, anche per rendere maggiormente operanti tali norme, troppo spesso disattese. Purtroppo quasi mai l'Amministrazione viene condannata a tali spese, nemmeno nel caso in cui tale risposta non intervenga nemmeno nelle more del giudizio, sancendo quindi una sorta di impunità per tale comportamento, che appare invece ictu oculi del tutto esecrabile, vista la chiarissima normativa di riferimento. Unico, puramente simbolico ma che comunque potrebbe essere almeno una flebile luce nel buio, palliativo in materia potrebbe essere dunque in tali casi almeno il non versamento del contributo unificato da parte del ricorrente anche se non si versi in materia esente, stante comunque una presunzione di colpa della Pubblica Amministrazione, il che -quantomeno- eviterebbe di aggiungere al danno la beffa di dover anche versare il contributo unificato per poi o vedersi rispondere due giorni dopo l'iscrizione del ricorso o per non vedersi rispondere proprio.
E) Sembra oramai del tutto anacronistico il Ricorso al Presidente della Repubblica, che andrebbe completamente ridisegnato, nei tempi modi e forme, ove gli si voglia ancora trovargli un ruolo nell'ambito dei rimedi giurisdizionali messi a disposizione dall'ordinamento.
F) Va rivisto il risarcimento danni, che pure a volte viene cominciato a liquidare anche in sede di giudizio di annullamento dell'atto stesso. E' evidente che non sia possibile, dopo un giudizio che magari dura vari anni, iniziarne un altro esclusivamente per il risarcimento, che duri altrattanti anni, solo per vedersi riconosciuta la tutela di una situazione che lo stesso TAR ha già considerato positivamente. Tale risarcimento deve essere dunque accordato contestualmente alla sentenza che annulla -ad esempio- un appalto, nei casi in cui debba essere previsto, onde evitare una inutile duplicazione del processo.
G) Occorre dare maggior potere (o forse maggiore sprone ?) ai commissari ad acta, perché agiscano in tempi brevi e con effettiva possibilità di dare esecuzione alla sentenza del TAR, soprattutto nei casi di decreto ingiuntivo esecutivo.
H) Manca una norma di chiusura a tutela di situazioni particolari, anche se con il decreto provvisorio sono stati fatti passi avanti in materia. Il problema, a mio avviso, è che si ragiona sempre ed esclusivamente sul danno grave ed irreparabile del ricorrente, presupposto necessario per ottenere la sospensione del provvedimento. Troppo spesso, però, nel caso di situazioni dubbie, si tende a negare l'esistenza di tale periculum sulla base dell'assunto che si tratta di danni eventualmente risarcibili dal punto di vista economico, quando appare evidente -visti i tempi lunghissimi per andare poi a sentenza- che un danno che si protragga per molti anni non sia più risarcibile solo dal punto di vista strettamente economico, ma abbisogni di un quid pluris di tutela, che invece viene negato proprio per la considerazione che tale periculum manchi. Altro enorme problema, per situazioni al limite, è che ove non ci sia alcun provvedimento da sospendere -perché già posto in essere dalla P.A.- o sia inutile sospenderlo perché nel frattempo sono cambiati completamente i presupposti per colpa dell'Amministrazione, sia di fatto impossibile ottenere una sospensiva, e occorra quindi rinviare tutto al merito, senza considerare che l'esigenza primaria del processo sia proprio tutelare in maniera piena il cittadino -al di là ed al di fuori della sospensiva del provvedimento impugnato- nei confronti della Pubblica Amministrazione. Esempio banale, ma non raro, è l'obbligo di ricorrere davanti al TAR per il risarcimento danni causati dal comportamento della P.A., ed in tali circostanze non viene considerato che tale risarcimento, per il quale non si può ottenere un giudizio abbreviato, è invece spesso vitale per il ricorrente stesso, che magari attende quella pronuncia -che pare certa in senso positivo dal punto di vista del merito- per anni ed anni, fino a rendere a volte la sentenza che interviene molto tempo dopo solo un parziale ristoro di quanto illegittimamente subito, senza poi considerare che nel frattempo la situazione può essere del tutto cambiata in peius per il ricorrente, senza che tutto questo sia mai riconosciuto. Occorre quindi, in certi casi, abbreviare tali procedimenti, che pure non possono definirsi tecnicamente sospensive, proprio per accordare maggiore tutela al cittadino, senza dover costringere l'avvocato a fare anticamera da questo o quel giudice per cercare di rappresentargli la particolarità di quel ricorso, sperando di trovare in chi ascolta una sensibilità che consenta di anticipare un certo giudizio nel merito a tre invece che a sette anni...
Tante sono ancora le annotazioni che si potrebbero fare in questa sede, grandi e piccole, sul processo amministrativo, dall'esigenza di approntare alcune sezioni stralcio per chiudere pratiche ultracennali e guardare al futuro con maggiore ottimismo dovuto ad un carico di cause pendenti che ci consenta un giorno di poterle definire tutte, alla necessità, prima o poi, di affidare anche i processi amministrativi ad un giudice unico come nei processi civili: la strada da percorrere, di certo, è ancora lunga, l'importante è cercare di trovare tutti insieme la strada migliore per percorrerla.