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"Testunificazione", fa rima con semplificazione?

Scritto da Fabio Salierno

La semplificazione legislativa

 

Tutti vogliono semplificare. A fronte di un ordinamento sovrabbondante di fonti che disciplinano, spesso sovrapponendosi e contraddicendosi in modo quasi sempre lacunoso, ogni più intimo dettaglio della nostra vita relazionale, tutti proviamo l’esigenza di realizzare nel nostro quotidiano quell’ideale delle “leggi poche, chiare e semplici”.  

Il termine “semplificazione” è oggi associato ad almeno cinque fenomeni.

Il primo -e più importante-, afferisce alla c.d. “delegificazione” od anche alla “testunificazione” intesa quale mezzo per porre ordine ad una sterminata normativa frastagliata e dispersa, cui dovrebbe –almeno in teoria- essere data adeguata sistemazione in fonti unitarie ed omogenee per materia denominate, appunto, “Testi Unici”.      

Gli altri fenomeni di c.d. “semplificazione” comprendono gli istituti della  conferenza dei servizi, del silenzio assenso, degli sportelli unici e dell’autocertificazione.

Infine si parla di “semplificazione” anche a proposito del linguaggio utilizzato dalle P.A. In effetti, se il destinatario dell’agire  amministrativo è il cittadino, anche il linguaggio deve essere conseguentemente adeguato in modo da poter rendere trasparenti e comprensibili alla generalità dei consociati i meccanismi ed i provvedimenti amministrativi adottati.

In questa sede analizziamo il primo dei suddetti fenomeni (ripromettendoci di affrontare gli altri aspetti in successivi interventi).

 

  

La “delegificazione”

 

La legge 8 marzo 1999 n. 50 (meglio nota come “Bassanini quater”) è stata la prima “legge di semplificazione”, ponendosi l’obiettivo di delegificare una serie di procedimenti amministrativi indicati negli allegati stessi alla legge.

Sempre la stessa fonte prevedeva delle indubbie novità:

 

a)          il Nucleo per la semplificazione delle norme e delle procedure (in sostanza: un Comitato di super-tecnici che avrebbe dovuto rintracciare all’interno dell’ordinamento le norme di rango primario da sottoporre a riordino e semplificazione);

b)          la relazione annuale di semplificazione ai sensi dell’art. 20 della Legge 15 marzo 1997 n. 59, nella quale il Governo presenta, entro il 31 maggio di ciascun anno, un disegno di legge per la semplificazione ed il riassetto normativo nel quale vengono definite, per l’anno successivo, gli indirizzi, i criteri, le materia oggetto dell’intervento di semplificazione;

c)          l’Analisi di Impatto della Regolamentazione “AIR”;

d)          la disciplina compiuta dei Testi Unici.

 

L’ideologia della semplificazione sorge da una condivisibile esigenza. Come noto, la legge è fonte niente affatto duttile rispetto alla velocità di cambiamento imposta dalla contemporaneità.

Troppe leggi non coordinate e stratificate si rivelano, infatti, difficilmente gestibili da parte dello stesso legislatore e fonte di defatiganti controversie interpretative anche per gli operatori del diritto, mentre i cittadini, destinatari naturali delle norme, trovano difficoltà persino a capirne la portata ed il significato, con l’ulteriore corollario di mettere a rischio anche il rapporto tra cittadini ed Istituzioni, annegando e rendendo irriconoscibili i diritti ed i doveri di ciascuno in una giungla burocratica di norme, uffici e competenze. Si sa: dal caos normativo all’anarchia il passo è breve.

Negli anni 2000 dunque, dal ceppo del panteismo legislativo nasce e si afferma la nuova religione del monoteismo testunificatorio. Il leitmotiv cantato dagli aedi dell’ideologia della semplificazione esalta il mezzo (il “Testo Unico”, il “Corpus unicum”) e trascura il fine delle Leggi, annegandolo in una sorta di tecnicismo mediatico in grado da se solo di governare l’Universo. In questa sorta di Iperuranio delle Leggi, i conflitti tra classi, tra le diverse istanze sociali, culturali, ideologiche ed economiche che attraversano la società vengono sacrificate sull’altare di un preteso, superiore, fine che si assume assiomaticamente universale alla categoria indistinta dei c.d. “cittadini”: la semplificazione, appunto.       

In realtà, a ben vedere, le cose non stanno affatto così. Per varie ragioni.

La prima amara considerazione è che la stessa Bassanini quater nata, come detto, sotto gli auspici della semplificazione e della delegificazione è stata successivamente (nel giro di pochissimi anni!) oggetto di modifiche e parziali abrogazioni da parte di altre leggi. Con ciò dimostrandosi una volta per tutte come la moderna realtà socio-economica è fenomeno troppo complesso ed in rapida evoluzione per potersi assiomaticamente semplificare in una sorta di nuovo Digesto destinato a rimanere valido ed immutato per secoli.

In particolare, basti qui rilevare come il Nucleo per la semplificazione delle norme e delle procedure di cui alla sopra riportata lettera a), è stato successivamente abrogato e sostituito da un “Ufficio per l’attività normativa ed amministrativa di semplificazione delle norme e delle procedure presso il Dipartimento della funzione pubblica” per effetto della Legge 6 luglio 2002 n. 137.

Anche l’art. 7 della Legge 50 del 1999 afferente la disciplina dei Testi Unici è stato successivamente abrogato per effetto della legge 29 luglio 2003 n. 229.

Menzione a parte merita –anche se non si conoscono ancora gli effetti-  l’Analisi di Impatto della Regolamentazione (“AIR”) introdotta sempre dalla legge 50 del 1999.

Con propria circolare 16 gennaio 2001 n. 1, a firma dell’allora Ministro per la Funzione Pubblica Bassanini, è stata introdotta la “Guida alla sperimentazione dell’analisi di impatto della regolamentazione (AIR)”.

L’AIR consiste nell’analisi preventiva degli effetti che l’adozione di una particolare normativa avrà in termini di costi-benefici sulla generalità dei consociati. In sostanza, il legislatore dovrebbe essere posto in condizione di conoscere in via preventiva quali effetti in concreto produrrà la propria decisione di intervenire nella disciplina di una determinata materia.  Ciò al fine di poter serenamente valutare se e come disciplinare una certa materia.

  

  

Osservazioni sul fenomeno della “delegificazione”

 

La prima osservazione opponibile agli aedi dell’ideologia pan-testunificatoria è che essi scambiano il mezzo con il fine. Il Testo Unico non risolve i problemi che sono a monte della produzione legislativa e delle fonti stesse del diritto. Ossia: la loro produzione disordinata e sciatta, spesso contraddittoria, sovente addirittura sgrammaticata e sintatticamente scorretta.

Il Testo Unico poi non risponde all’esigenza di modernità dalla quale pure è generato traducendosi di fatto in uno strumento rigido e difficilmente adattabile in caso di successive modifiche, come sembra essere indispensabile ai nostri tempi, finendo per essere a sua volta emendato da successive novelle (un po’ come è accaduto ed accade con sempre maggiore frequenza al Codice Civile od ai Codici di Procedura).  

Inoltre, col Testo Unico non si delegifica nulla: anzi: la sua riconosciuta natura di “Fonte mista” –in parte legge ed in parte regolamento- ne fa un ibrido. Insomma: si voleva semplificare ma alla fine si è creato un Minotauro.

Pensiamo, ad esempio, al DPR n. 445 DEL 2000: basta sfogliarlo per vedere che ci si trova continuamente di fronte ad un Testo misto che raccoglie norme regolamentari (contrassegnate da una “R” in bella evidenza) e norme di rango legislative (contrassegnate da una “L”).

Con l’ulteriore corollario che mentre sarà possibile sottoporre al vaglio della Corte Costituzionale quelle parti di Testi Unici riconducibili al rango legislativo, altrettanto non sarà possibile fare per le norme che, unitamente alle prime, pur concorrendo nella stessa misura con la formazione complessiva della Fonte, sono di rango regolamentare. Ciò proprio in virtù dell’art. 134 Cost. Il quale non prevede la sottoponibilità al vaglio della Corte Costituzionale di Fonti diverse dalle leggi e dagli atti aventi forza di legge.

Questa tesi non è in verità pacifica.

Infatti: il comma 2 dell’art. 7 della legge n. 50 del 1999 consentiva di far confluire in un’unica Fonte norme di rango diverso.

Poiché, è stato osservato, non possono coesistere fonti di rango diverso, il legislatore in sede di testunificazione “delegificherà” una determinata materia la quale, dunque, assumerà per l’innanzi natura regolamentare.  

Questo ragionamento dal punto di vista logico non fa una piega. Come l’altro che, partendo sempre dal presupposto secondo il quale non possono coesistere fonti di grado diverso, arriva ad una conclusione diametralmente opposta, riconducendo i Testi Unici al rango di Fonte legislativa. Secondo tale orientamento, infatti, il legislatore avrebbe delegato il potere di emanare una fonte di rango primario (con la conseguenza non invidiabile, però, di far diventare leggi anche quelle che prima erano “banali” norme regolamentari! Altro che “delegificazione”, dunque!).

Insomma: i Testi Unici poco risolvono e molto invece complicano.

La legge 50 delega il Governo ad emanare, entro un anno dalla sua entrata in vigore e secondo i criteri di cui all’art. 20 della legge n. 59 del 1997, uno o piu’ decreti legislativi di riassetto normativo rispettivamente in materia di: produzione normativa, semplificazione e di qualità della regolazione; sicurezza del lavoro; assicurazioni; incentivi alle attività produttive; prodotti alimentari; tutela dei consumatori; metrologia legale; internazionalizzazione delle imprese; societa’ dell’informazione; Corpo nazionale dei vigili del Fuoco.

Il richiamato articolo art. 20 della legge 59 prevede il seguente meccanismo: il Governo, entro il 30 aprile di ciascun anno deve sentire la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo n. 281 del 1997. Successivamente e, quindi, entro il 31 maggio di ogni anno, presenta un disegno di legge per la semplificazione ed il riassetto normativo volto a definire, per l’anno successivo, gli indirizzi, i criteri, le modalità di intervento, anche ai fini della ridefinizione dell’area di incidenza delle pubbliche funzioni con particolare riguardo all’assetto delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali.

Tale disegno di legge prevede l’emanazione di decreti legislativi, relativamente alle norme legislative sostanziali e procedimentali, nonché, per le norme regolamentari di competenza dello Stato, di regolamenti ai sensi dell’articolo 17, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988 n. 400.

Il comma 3 del citato articolo 20, stabilisce, inoltre, i principi cui dovrà attenersi l’esercizio della delega, fatti salvi i principi ed i criteri specifici stabiliti con la legge annuale di semplificazione per le singole materie.

 

  

Conclusioni

 

Sembra dunque che il futuro sia ormai deciso: la nostra vita sarà decisa e regolata, come in effetti sta già avvenendo, da una lunga serie di Decreti Legislativi disciplinanti anno per anno le diverse materie e settori di intervento del legislatore.

In sostanza: dei veri e propri “mini Codici” specifici per materia. Si pensi ad esempio al Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n. 196 denominato “Codice in materia di protezione dei dati personali”. Al D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 denominato “Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”. 

In sintesi: si scrive “delegificazione” e si legge “Decretolegislatiferazione”. Si scrive “semplificazione” si legge “codificazione”.

Insomma: nihil novi sub sole. Ci sia consentita infine un’amara considerazione: per ottenere questa “semplificazione” occorreranno altri Decreti Legislativi!

In verità il problema è più complesso: se non vogliamo compromettere il rapporto tra cittadino ed Istituzioni che rischia di venir pregiudicato dalla congerie di leggi, regolamenti, circolari, ecc., dobbiamo necessariamente incidere sulla “qualità” della fonte normativa, sulla sua chiarezza espositiva, sulla sua sistematicità e logicità rispetto all’ordinamento giuridico considerato nel suo complesso. Purtroppo, non è affatto detto che il Testo Unico, di per se, risolva tale problema.